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mercoledì 12 luglio 2017

Recensione "Quando l'Europa era un campo di prigionia" di Otto e Peter Schrag

Titolo: Quando l'Europa era un campo di prigionia
Autori: Otto e Peter Schrag
Editore: Newton Compton
Anno: 2016
Pagine: 311


Trama


"Quando l'Europa era un campo di prigionia" narra le storie parallele dei componenti di una stessa famiglia costretti alla fuga dall'avanzata nazista in Europa. Da una parte il libro di memorie del padre Otto, scritto nel 1941, dall'altra il racconto del figlio Peter, che insieme alla madre ha affrontato un viaggio attraverso la brutalità della Seconda Guerra Mondiale. Ricordi vividi e feroci arricchiti di documenti storici. Gli Schrag erano dei borghesi ebrei tedeschi. Otto fu internato in condizioni esecrabili in un campo di concentramento nel Sud della Francia, ma con l'aiuto di una donna coraggiosa riuscì a fuggire prima dell'inizio dei massicci trasferimenti di prigionieri verso Est. Anche Peter e sua madre scapparono dal Belgio prima dei rastrellamenti e delle deportazioni ad Auschwitz. I due racconti si alternano e si avvicendano, i due punti di vista si accavallano tra storia e memoria, finzione e verità, coraggio e rassegnazione, fino a formare un'unica struggente testimonianza di chi ha attraversato l'orrore, disseminato per tutto il territorio europeo, lo ha guardato dritto negli occhi ed è riuscito a tornare indietro.

Recensione


"Quando l'Europa era un campo di prigionia" è un libro che nasce dall'unione di due storie, quella di Otto Schrag e di Peter Schrag, suo figlio. 

Nell'introduzione viene spiegato come Otto Schrag, poco dopo essere arrivato a New York nel 1941 insieme alla sua famiglia, iniziò a scrivere la storia del suo internamento e della loro fuga da un campo di concentramento nel Sud della Francia attraverso l'Europa occupata dai nazisti. Otto Schrag morì nel 1971 e la sua storia rimase per più di settant'anni sconosciuta fin quando il figlio Peter decise di renderla pubblica aggiungendo a questa anche i suoi ricordi.


Nel racconto si alternano così parti che Peter ha tradotto ed editato dalla storia scritta da suo padre e parti in cui lui stesso narra le vicende che lo hanno coinvolto in prima persona. 

La storia vissuta del padre si svolge soprattutto nel campo di Saint-Cyprien dove fu internato. Qui le condizioni di vita erano pessime, circa 60 uomini vivevano all'interno di una baracca, delle strutture cadenti in legno senza pavimento nè paglia. Si dormiva sulla sabbia e se restavi sdraiato per cinque minuti in una giornata di vento finivi sepolto, non c'era la possibilità di ripararsi; non c'era carta igienica, ci si puliva con fogli di quaderno e stracci che poi volavano per tutto il campo; non c'era cibo a sufficienza e ad un certo punto iniziarono ad esserci sempre più ammalati. Nessuno sapeva cosa stava succedendo fuori e cosa ne sarebbe stato di loro.

Peter invece scrive i suoi ricordi di quando insieme alla madre e alla nonna ha cercato di fuggire da Bruxelles prima dell'invasione nazista. Racconta il viaggio che hanno intrapreso in camion, in auto e a piedi e i giorni trascorsi in una cantina mentre sopra di loro infuriava la battaglia di Boulogne. Racconta anche del loro ritorno a Bruxelles quando questa fu occupata dai tedeschi e tutte le fatiche che hanno dovuto affrontare per superare vari confini tra Belgio, Francia, Spagna, Portogallo e infine New York.

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Questo libro permette di vedere da vicino le difficoltà, le scelte di vita e di morte che in quel periodo migliaia di persone erano costrette ad affrontare. La crudeltà, l'indifferenza e l'incertezza regnavano sovrane! 
Peter era un bambino di circa dieci anni quando si ritrovò a dover agire come un adulto e la madre da sola con un figlio e una madre anziana è stata una donna forte e determinata che non si è fermata di fronte a nulla, ma ha fatto di tutto per ricongiungersi con il marito.




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