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lunedì 11 marzo 2019

Recensione "Il nome della rosa" di Umberto Eco



Titolo: Il nome della rosa
Autore: Umberto Eco
Editore: Bompiani
Pagine: 442
Anno: 1988











"Il nome della rosa" è uno di quei libri che ho in libreria da molto tempo, ma che non mi decidevo mai ad affrontare. Finalmente, con l'idea di vedere la serie tv che ne è stata tratta, il libro mi ha letteralmente chiamato e in una settimana sono riuscita a terminare questo capolavoro. Non è stato semplice, lo stile sicuramente non aiuta, ma ciò che porta il lettore a proseguire fino alla fine è la curiosità, la voglia di scoprire quale mistero si cela dietro a tutto. Per questo motivo, se volete leggerlo, vi consiglio di farlo prima di vedere la serie tv o il film (io non ho ancora visto neppure il film), altrimenti sapreste già come si conclude la storia e il portare a termine una lettura così corposa risulterebbe più difficile.

L'opera si apre con una sorta di prefazione in cui l'Autore ci spiega come nel 1968 abbia avuto tra le mani un libro di un certo abate Vallet, Il Manoscritto di Adso da Melk. Questo riproduceva fedelmente un manoscritto del XIV secolo trovato nel monastero di Melk. 


Adso, il protagonista di questa intricata storia, racconta come insieme al proprio maestro, Guglielmo da Baskerville, frate francescano, si recò in un monastero benedettino del nord Italia nel novembre del 1327. 


Come ci inerpicavamo per il sentiero scosceso che si snodava intorno al monte, vidi l'abbazia. Non mi stupirono di essa le mura che la cingevano da ogni lato, simili ad altre che vidi in tutto il mondo cristiano, ma la mole di quello che poi appresi essere l'Edificio. Era questa una costruzione ottagonale che a distanza appariva come un tetragono (figura perfettissima che esprime la saldezza e l'imprendibilità della Città di Dio), i cui lati meridionali si ergevano sul pianoro dell'abbazia, mentre quelli settentrionali sembravano crescere dalle falde stesse del monte, su cui s'innervavano a strapiombo.

Guglielmo era stato inviato al monastero dall'imperatore per sostenere le tesi pauperistiche in un convegno che sarebbe stato lì indetto tra i francescani e i delegati della curia papale. Poco prima di questo avvenimento, però, al monastero iniziarono ad esserci una serie di morti. Il primo monaco ritrovato fu Adelmo e l'abate preoccupato che la cosa potesse ritorcersi contro di lui chiese a Guglielmo, ex inquisitore, di indagare sulle cause di questo inaspettato decesso. Non sarà un compito semplice anche perchè nei giorni successivi altri monaci verranno ritrovati morti e tutti sembrano sospettare della venuta dell'Anticristo.
Guglielmo ebbe il permesso dall'abate di interrogare tutti e di circolare liberamente per l'abbazia, ma c'era un luogo in cui non gli era permesso entrare, a lui come a tanti altri, ovvero la biblioteca.


"Bene" disse allora Guglielmo, "potrò porre domande ai monaci?"
"Potrete."
"Potrò aggirarmi liberamente per l'abbazia?"
"Ve ne conferisco facoltà."
"Mi investirete di questa missione coram monachis?"
"Questa sera stessa."
"Comincerò però oggi, prima che i monaci sappiano di cosa mi avete incaricato. E inoltre desideravo da molto, non ultima ragione del mio passaggio qui, visitare la vostra biblioteca, di cui si parla con ammirazione in tutte le abbazie della cristianità."
L'Abate si alzò quasi di scatto, col viso molto teso.
"Potrete aggirarvi per tutta l'abbazia, ho detto. Non certo per l'ultimo piano dell'Edificio, nella biblioteca."
"Perchè?"
"Avrei dovuto spiegarvelo prima, e credevo che lo sapeste. Voi sapete che la nostra biblioteca non è come le altre..."



Non posso certamente definire questo libro un thriller storico perchè sarebbe assolutamente riduttivo e non lo consiglierei se avete intenzione di approcciarvi a Il nome della rosa pensando che di questo si tratti. Il testo, infatti, oltre ad essere pieno di storia e di mistero è anzitutto molto filosofico. Ci sono pagine e pagine in cui ci si addentra in discorsi complessi, ci sono frasi lunghe quasi due facciate piene di descrizioni e spiegazioni e, addirittura, ci sono parti scritte in latino.
Non è, quindi, un opera che tutti possono apprezzare, secondo il mio parere, ma è uno di quei libri che vanno affrontati nel momento giusto così come è uno di quei libri da leggere con calma e attenzione. 
Personalmente all'inizio ho avuto paura di non riuscire ad arrivare alla fine, mi spaventavano molto le innumerevoli e interminabili parti filosofiche, ma senza di esse il testo non avrebbe assolutamente lo stesso valore. 
E' un'opera piena di nozioni, molto interessante dal punto di vista moralico-religioso, porta infatti a porsi molte domande sull'argomento oltre che a fornirci conoscenze di cui io ero del tutto all'oscuro. Senza ombra di dubbio è uno di quei libri da rileggere più volte per comprenderlo appieno in tutte le sue sfaccettature.



3 commenti:

  1. un libro letto tanto tempo fa, da rileggere.

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  2. Adoro questo romanzo, soprattutto per il bagaglio di cultura che si porta dentro.

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